JACOPO GIUNTINI - PSICOLOGO
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La punteggiatura in una relazione

4/23/2020

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Comunicazione
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Foto di cottonbro da Pexels
Se osserviamo da fuori due persone che litigano su fatti personali, può sembrare di vedere una sequenza ininterrotta di messaggi offensivi, senza comprendere chi dei due abbia ragione. Se decidiamo di parlare singolarmente con entrambi, probabilmente ognuno dei due porterebbe delle buone ragioni a dimostrazione del fatto che il suo comportamento era conseguenza di quello dell'altro. 

Coloro che partecipano alla interazione introducono sempre una punteggiatura della sequenza di eventi, cioè li organizzano in un certo modo. Ognuno avrà una prospettiva sull’interazione, darà un ordine agli scambi, attribuendo delle cause e degli effetti ai messaggi.


Non sempre i partecipanti all’interazione sono d’accordo su come punteggiare la sequenza di eventi comunicativi, e questo crea conflitti relazionali di non poco conto.
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Certe volte la sequenza viene ordinata in modi differenti per via di un inconveniente esterno: immaginiamo per esempio il caso particolare di una persona A che pensa di fare una sorpresa ad un amico B inviandogli un regalo tramite corriere, ma il pacco viene perso. Non ricevendo risposte da B che non saprà niente del regalo, potrebbe adirarsi e non chiamarlo più. Da parte sua B, sentendo che A non lo chiama più o è schivo con lui potrebbe offendersi e fare l’indifferente anch’esso. Ovviamente per uscire da questo circolo vizioso è necessario che uno dei due provi a comunicare sulla relazione, cioè meta-comunicare, chiedendo cosa sta succedendo, in modo da chiarire la situazione.

Essere in disaccordo riguardo la punteggiatura della comunicazione significa quindi avere due visioni diverse circa ciò che ognuno considera la causa e l’effetto dei propri e altrui comportamenti in una comunicazione.

Non è necessario un fraintendimento per arrivare a punteggiare in modo differente una comunicazione. Ogni  individuo, infatti, seleziona dall’ambiente le informazioni che ritiene più importanti, e questa scelta è determinata da fattori che non sono coscienti. La conseguenza di questo è che ognuno può trarre conclusioni diverse dalla stessa interazione, in genere pensando anche che la propria realtà sia l’unica, e che ogni opinione diversa dipenda dalla irrazionalità dell’altro o dalla sua mancanza di buona volontà.

 Watzlawick (1971) porta un esempio tipico di litigio dovuto a discordanza di punteggiatura:  immaginiamo una coppia con un problema coniugale in cui lui si chiude in se stesso, e lei brontola e critica. Quando spiegano le loro frustrazioni lui dichiara che chiudersi in se stesso è la sua unica difesa contro il brontolare della moglie, mentre lei non è d’accordo , e accusa il marito di inventare scuse, in quanto a suo dire il motivo per cui lei critica il marito è perchè lui si chiude con lei. I loro litigi si possono quindi ridurre allo scambio monotono dei messaggi “Io mi chiudo in me stesso perchè tu brontoli” e “Io brontolo perché tu ti chiudi in te stesso”. Questa interazione può continuare all’infinito, e quasi sempre è accompagnata da  attacchi di cattiveria e follia.

Una cosa identica avviene anche a livello di comunicazione sociale, ad esempio tra nazioni diverse, nel momento in cui una si arma, in risposta all’armarsi dell’altra, solo per difendersi dal possibile attacco, e lo stesso mette in atto l’altra nazione. Ancora, tra partiti politici diversi avvengono gli stessi conflitti di relazione.

Il problema è sempre l’incapacità di entrambi di meta-comunicare sui loro modelli di interazione.

La punteggiatura porta con se un fenomeno interessante che è quello della profezia che si auto-avvera. Anche se l'ipotesi di una persona sulle intenzioni dell'altra è errata, con il suo comportamento tenderà a renderla vera. Ad esempio se una persona è convinta che un’altra la odi si comporterà in modo scortese con quella persona, che alla fine effettivamente arriverà ad odiarla, confermando l’ipotesi iniziale.

Questo ci fa intuire che nella comunicazione tra persone la prospettiva lineare di causa-effetto è completamente inutile. Non è più importante capire chi ha iniziato, e spesso non è neppure rintracciabile un colpevole effettivo. Entrambi i partecipanti portano avanti il circolo vizioso; ed è più sensato parlare di causalità circolare.

​Bibliografia

Watzlawick, P., Beavin, J.,H., Jackson, D.,D.,(1971), Pragmatica della comunicazione umana, Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma
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