JACOPO GIUNTINI - PSICOLOGO
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La logica dell'inconscio

1/1/2021

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Processi Psicologici
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L'essere umano è molto abile nel trovare somiglianze tra ciò in cui si imbatte.

​Per ogni nuova cosa di cui fa esperienza trova un nesso con ciò che ha già in memoria.

Se chiediamo a qualcuno di dire liberamente la prima cosa che gli viene in mente alla parola “sole”, probabilmente ci risponderà “mare”, o “caldo”, o “giallo”, “limone”, “fuoco”, “spazio” e così via. Come vediamo verranno alla mente della persona prima di tutto i contenuti associati in modo più forte a quell’elemento, in quanto hanno qualcosa in comune.

Immaginiamo per un momento la nostra mente come una rete di idee, immagini e memorie collegate tra loro in molti modi, rispetto a ciò che hanno in comune.
​
Questo processo di “trovare ciò che accomuna” avviene in maniera immediata e inconsapevole, e permette all’essere umano di creare simboli, cioè elementi che significano altro rispetto al loro immediato aspetto sensibile.

I bambini sono esempi in questa capacità. Durante un gioco sono capaci di usare uno stesso oggetto attribuendogli molti più significati: un lapis, ad esempio, può diventare una spada con cui duellare, un biberon se messo in bocca, un bastone piccolo piccolo per sorreggersi e così via.

Se il pensare per analogie è molto presente in infanzia, a poco a poco viene schiacciato da un modo di pensare razionale che si rafforza durante la vita, e che invece distingue bene le cose del mondo sulla base delle differenze, cercando di essere coerente, di non contraddirsi e di attribuire un'identità ben precisa ad ogni cosa.

 Dentro di noi rimane tuttavia la capacità di pensare in modo simbolico, lo si vede nell'arte e nella poesia, ma anche nella vita quotidiana. 


Se un amico ci dice “oggi ho un trapano nella testa!” non pensiamo che egli abbia realmente un trapano nella testa, e infatti non gli risponderemo “ma come ci è finito nella tua testa?”.  Comprendiamo invece che ci sta descrivendo una sensazione fisica dolorosa che per qualche aspetto somiglia ad un trapano. Dunque egli sta utilizzando un simbolo per descrivere un dolore.

Si può andare oltre ed affermare, senza sbagliare, che è sempre attivo dentro di noi un tipo di pensiero simbolico, che si esprime continuamente in modo inconscio, senza cioè che ne siamo consapevoli.

Freud scoprì l'esistenza di questo pensiero simbolico inconsapevole soprattutto attraverso lo studio dei sogni, che esprimono al massimo la natura di questo nostro funzionamento, e lo definì processo primario. 
Il processo primario sarebbe il modo di pensare del nostro inconscio, completamente diverso dal più evoluto processo secondario, tipico del pensiero cosciente. Le caratteristiche che attribuì a questa modalità di funzionamento mentale sono principalmente due:
  • Lo spostamento, ossia la possibilità di spostare con facilità l’emotività e le sensazioni provate nei confronti di qualcosa a qualcos'altro che abbia un legame con il primo. Per esempio potrei sognare di spaccare un orologio d'oro per terra, per poi rendermi conto da sveglio che quello è l'orologio che avevo visto il giorno prima al mio capo ufficio; probabilmente la mia aggressività era rivolta in origine al mio capo, ma si è spostata sul suo orologio che lo rappresenta, per via del senso di colpa che sarebbe risultato dal scaricare la rabbia direttamente su di lui. 
  • La condensazione,  che consiste nella sovrapposizione di idee che hanno qualcosa in comune a formarne una unica. Nei sogni per esempio capita spesso di vedere una persona che non si capisce bene chi sia, perché allo stesso tempo ricorda più persone della vita reale. Immaginiamo che qualcuno ci racconti un suo sogno: "ho sognato una persona che era mio nonno, che è morto da qualche anno, ma allo stesso tempo era anche la mia fidanzata, ed io lo abbracciavo e dicevo ti voglio bene "; in questo caso ad esempio questo sognatore può rendersi conto al mattino che effettivamente la sera prima era molto preoccupato per la sua fidanzata che era partita in aereo e non lo aveva ancora chiamato,  e il timore che aveva era probabilmente che potesse succederle qualcosa di brutto, e di non riuscire a dirle ti voglio bene l'ultima volta, proprio come successe con suo nonno, che morì all'improvviso, senza che lui avesse potuto dirglielo.

Ma nella vita di tutti i giorni come si esprime il nostro inconscio?

Per rispondere forse dovremmo chiederci: da dove nascono i nostri pensieri?

Si potrebbe dire che i pensieri che ci vengono in mente o le azioni che ci vengono spontanee non sono mai casuali.
Ciò che ci viene da dire in una determinata situazione ha un valore simbolico, un senso altro rispetto a quello che sembra, ed è collegato alle emozioni di quella situazione.


​Se per esempio osserviamo con occhio allenato delle persone che discutono liberamente tra loro possiamo renderci conto che il discorso che si viene a creare non è svincolato dalle emozioni che esse stanno provando. Mettiamo che finiscano casualmente a parlare per un pò del gran freddo che si è abbattuto sulla città durante l’inverno, potrebbe essere pensabile che tali individui stiano vivendo in quel momento un sentimento di distanza emotiva tra di loro, di solitudine, di “freddezza”, dove però la temperatura reale non c’entra nulla.

Erich Fromm (1951), ritiene che il pensiero simbolico sia un linguaggio dimenticato dell'essere umano, e che ha lo scopo di descrivere quello che non può essere altrimenti descritto e  compreso: emozioni e sensazioni.

Le esperienze interiori vengono rappresentate come se fossero esperienze sensoriali, cioè come qualcosa che abbiamo fatto o subito nel mondo esteriore.

Scrive Fromm: “Prendiamo per esempio uno stato d’animo in cui ci si senta perduti, abbandonati in un mondo che ci appare squallido, un pò spaventevole, sebbene non proprio pericoloso. Volete descrivere questo stato d’animo a un amico, ma anche in questo caso vi trovate ad annaspare alla ricerca delle parole e infine vi rendete conto che nulla di ciò che avete detto fornisce una spiegazione adeguata delle svariate sfumature di questo vostro stato d’animo. La notte seguente fate un sogno. Vi vedete alla periferia di una città, poco prima che sorga l’alba, le strade sono deserte fatta eccezione per i camion del latte, le case hanno un aspetto misero, ciò che vi circonda vi appare estraneo, e non avete a disposizione nessuno dei soliti mezzi di trasporto per poter raggiungere luoghi a voi familiari e ai quali sentite di appartenere. Quando vi svegliate e vi ricordate del sogno, vi accorgerete che la sensazione che avete provato nel sogno era esattamente quella sensazione di smarrimento e di grigiore che il giorno prima avevate cercato di descrivere al vostro amico. È soltanto un’immagine, alla cui realizzazione bastò meno di un secondo; eppure si tratta di una descrizione più viva e precisa di quella che avreste potuto fornire parlando diffusamente intorno a questa sensazione. L’immagine che vedete nel sogno è il simbolo di qualcosa che avete sentito”.

Dunque sembra che la nostra mente utilizzi le percezioni del mondo per rappresentare lo stato d’animo e le sensazioni che sta vivendo e che non riesce a descrivere altrimenti.

Detto in altri termini, le emozioni e gli stati d’animo che viviamo sono associati ad immagini.

Anche per Bion di fronte alle emozioni e sensazioni che viviamo durante il giorno, vengono prodotte immagini. Noi non ne siamo consapevoli, ma esse ispirano i pensieri, e durante il sonno di notte esse vengono sognate tutte insieme.

Se per esempio in un momento particolare durante il giorno provo paura, o mi sento in pericolo, viene prodotta in me un immagine diciamo di un lupo, se più tardi provo gioia quella di un bel sole splendente e così via. Io non sarò consapevole delle immagini prodotte, ma semplicemente mi potrà venire in mente qualcosa che ha a che fare con esse (ad esempio la musica di "pierino e il lupo", nel primo caso, o i ricordi dell'estate al mare nel secondo). Durante la notte sognerò il lupo e il sole e così via.

Ma tutto questo che scopo ha?

 Bion (1962) sostiene che riuscire a trasformare emozioni in immagini abbia uno scopo cruciale nel funzionamento dell’individuo e aggiunge che non è così scontato avere un inconscio ben formato e funzionante.

Sin dalla nascita ognuno di noi è continuamente bersaglio di sensazioni, emozioni, stati corporei. Tuttavia questi stimoli non sono di per sé comprensibili da un individuo.

Per poter essere elaborate esse devono subire una trasformazione, o un adattamento al funzionamento della nostra mente.
In un primo periodo della vita la madre che si prende cura del bambino lo aiuta a dare un senso a tutte le sue emozioni e sensazioni, tentando di indovinare i suoi bisogni, e suggerendoglieli.

Se questa prima relazione va bene, si attiva nel bambino la funzione simbolica; egli comincia ad associare certi stati corporei a certi significati simbolici, e così via si va formando una funzione mentale nell'individuo, che Bion denomina funzione alfa deputata proprio a trasformare tutte le sensazioni emotive, corporee, sensoriali, in percezioni comprensibili (per lo più immagini) che lui denomina elementi alfa.  


Trasformare emozioni e sensazioni in immagini significa renderle pensabili, dargli un senso, e la nostra mente si nutre di senso. Solo così è possibile dedurre i nostri stati d’animo, tollerare quelli negativi, e in fine di riuscire ad apprendere dall’esperienza e crescere nella vita.

Trovare nuovi significati aiuta a sviluppare il nostro inconscio e la funzione simbolica.

Cercare di comprendere la propria emotività attraverso i simboli che produciamo è un buon esercizio per sviluppare ancora di più la funzione simbolica e stare meglio con le proprie emozioni.

​Quindi alleniamoci a guardare a noi stessi in termini metaforici, e proviamo a immaginare quali significati possono avere i nostri comportamenti, pensieri e parole in termini emotivi.



​Bibliografia
​

Bion, W., (1962), Apprendere dall'esperienza, Armando Editore, Roma
Freud, S., (1900), 
L'interpretazione dei sogni, Opere complete, Newton Compton editori, Roma
Fromm, E., (1951), Il linguaggio dimenticato, Bompiani, Milano


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